RIFLESSIONI SULLA FEDE, SUL SUO SIGNIFICATO E SULLA GIOIA DI ESSERE CRISTIANI

 

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INVITO A RIFLETTERE

 

Signore donami:

pensieri comprensivi verso i miei fratelli,

privi di giudizi negativi e di malignità.

Fa che veda il bene negli altri

ed il negativo che è in me.

 

Signore insegnami:

ad avere parole di carità, di perdono, di comprensione,

e non parole di calunnia e di condanna.

 

Signore aiutami:

ad usare la mia voce per annunciare la tua lode,

e portare conforto a chi soffre,

e non per denigrare o mentire.

 

Signore accoglimi:

nella tua misericordia, perché sono solo

un servo inutile che non sa amarti.

 

Signore, nel tuo Amore vivo,

e nel tuo Amore spero di morire.

 

 

 

Fin dalla nascita della storia dell'uomo, ogni essere umano, e credo anche noi tutti, oggi più che mai, ci siamo chiesti cosa fosse davvero la Fede, che cose spingesse gli esseri umani a credere in una Divinità Superiore, in quell'entità Suprema che si assume al nome di Dio.

Da quegli stessi tempi remoti, tutte le persone, o quasi, hanno legittimamente cercato di dare risposta a questa domanda, ovvero a che cosa fosse la Fede, e su questo punto è doveroso fare una distinzione tra quella che, a livello di ogni singola persona, è la parte squisitamente spirituale e quella meramente umana.

Assumendo l'aspetto spirituale, credo si possa definire la Fede come un dono di Dio, il più alto riconoscimento che il Sommo Creatore abbia voluto offrire ad ognuno dei suoi figli.

Dobbiamo però riconoscere che, dal punto di vista umano, di fronte ad una siffatta domanda, di così assoluto livello e spessore interiore, ognuno è stato ed è legittimato a dare una sua personale definizione, e sebbene parte di tali definizioni siano state proferite da autorevolissime persone, non possiamo però negare che anche tali affermazioni siano comunque state frutto di una sostanziale interpretazione di natura umana, e non anche Divina.

Personalmente, tra le tante cose che ho sempre affermato, ribadisco che le cose più difficili da vivere nella vita, siano le cose semplici.

Ne consegue che, anch'io, per tanti anni, mi sia chiesto cosa fosse realmente la Fede, osservando nuovamente che tale domanda si assumeva dal punto di vista squisitamente umano e non anche spirituale, atteso che, di fronte a quest'ultimo, sono convinto assertore del fatto che la Fede sia un Divino dono primordiale, che poi, ovviamente, e di riflesso, spetta a noi, ed a noi soltanto, sapere validare, esaltare ed edificare attraverso un nostro cammino interiore e la nostra vita quotidiana.

Dopo tanti anni di riflessione e meditazione su questa domanda, quanto mai legittima secondo la nostra natura umana, ho trovato una risposta, segnatamente semplice in termini dialettici, ma quanto mai complessa in ragione del suo significato intrinseco e del tempo che ho impiegato a partorirla.

Personalmente, Credo fermamente in Dio, nell'unicità dell'Anima, e quindi nella Fede, proprio perché nessuno me lo ha mai imposto, ed anzi proprio perché sono sempre stato lasciato libero di vivere la mia Fede, la mia Spiritualità, la mia Emotività, il mio essere, senza condizionamenti di sorta.

Premesso questo, voglio affermare con forza che, dal mio modesto punto di vista, la Fede, proprio per la sua natura squisitamente Divina prima, ed umana poi, debba essere vissuta in forma "attiva", e non anche, come purtroppo spesso accade, in forma meramente "passiva".

Credo di poter affermare che avere Fede significhi proprio interrogarsi, porsi quesiti, avere una buona dose di "critica costruttiva", essendo questi elementi che non possono che spingerci alla riflessione, alla meditazione, alla contemplazione, donandoci, come unico risultato, la crescita stessa dello Spirito.

La Fede, secondo la mia interpretazione più profonda, è un viaggio quotidiano che parte dal Cuore il mattino, e che al Cuore deve ritornare la sera, ovviamente più ricco, più vitale, più armonioso, più capace, più rinnovato.

Invero, non dobbiamo mai dimenticare che il Cuore è una stanza chiusa a chiave dall'interno, e neppure Dio è capace di aprirla, laddove non sia nostro desiderio farlo entrare.

Per contro, rifiuto con forza le tesi secondo cui La Fede, e quindi il Credere, siano una mera necessità umana volta al solo fatto di accettare la vita, nelle sue molteplici contraddizioni, ingiustizie, iniquità, ma soprattutto nel trovare il coraggio di affrontare il mistero della morte.

Rifiuto quindi le tesi di coloro che vivono la Fede in forma "passiva", ovvero accettando tutto senza mai interrogarsi, senza mai porsi domande, senza mai sfruttare le mille risorse umane tese alla propria crescita interiore, al proprio sviluppo spirituale ed emotivo.

Mi chiedo quindi se queste stesse persone possano davvero definirsi Credenti, e mi permetto di dire questo proprio perché la Fede è un cammino costante, e sempre in salita, ed è quanto mai notorio che tutti i più grandi valori della vita, e la Fede è il primo di essi, costino sacrificio, sofferenza, dolore, ma è parimenti vero che ciò che offrono è milioni di volte superiore al prezzo che si è speso per raggiungerli.

Il sublime filosofo Kahlil Gibran assumeva che "ogni dolore porta in sé un dono più prezioso della lacrima che ha versato. Uno strano modo che Dio ha per farci intendere quanto ci ama".

Il dolore, la vera sofferenza, e su questo punto parlo per esperienza personale, è l'unico strumento attraverso il quale si genera Comprensione, Condivisione, Rispetto, Simbiosi, Carità, Perdono, Amicizia, Amore.

Ho sempre sostenuto che l'essere umano raggiunge il massimo di se stesso nel momento in cui muore, atteso che, fino a quel momento, aveva ancora qualcosa da imparare, da sviluppare e da offrire al suo prossimo.

Credo che uno dei punti più controversi afferenti le domande sulla Fede, derivi proprio dai tanti interrogativi sulla morte, e quindi, per dietrologia, sul significato della vita.

Gli stessi testi sacri, gli insegnamenti del Padre Celeste, le testimonianze di Amore, di Carità, di Perdono, offrono ampie risposte a tutto ciò, ma è proprio in questo contesto che si insediano gli infiniti limiti umani, le sue miserie, gli innumerevoli difetti.

La morte non è mai un punto di arrivo, ma anzi un punto di partenza. Del resto, se davvero il senso della vita si riducesse ad un semplice viaggio terreno fine a se stesso, ovvero ad un viaggio delimitato da una nascita e da una morte, non credete che, forse, ci porremmo milioni di interrogativi in più rispetto a quelli che umanamente ci poniamo al riguardo della Fede?

E' sì vero che Dio, nel creare l'essere umano, pur avendolo dotato di un corpo perfetto nella sua biologia, di una mente capace di straordinaria intelligenza, ragione, creatività, ovvero di tutto quanto è oggi alla nostra portata e che ha determinato universali cambiamenti alla nostra vita, lo abbia comunque generato con infiniti limiti, difetti, fragilità, timori, paure, e quant'altro di similare.

Ciò assunto, ne deriva che la stessa natura umana sia, di fatto, antitetica al concetto del Credere, dell'avere Fede, del sapersi fidare di fronte ad un qualcosa che non è sostanzialmente dimostrabile, né oggettivamente tangibile.

Questo aspetto è innegabile, ma è anche questa la ragione per cui si definisce la Fede "un dono", posto che essa, per coloro che la possiedono, che ne sono profondi testimoni, che la rendono parte integrante della loro vita stessa, sa essere prova esaustiva e sublime di come l'Anima, lo Spirito, il Cuore, possano superare e varcare i confini dei limiti umani.

Ecco perché possiamo comprendere il grande mistero della vita, o comunque buona parte di esso, solamente laddove siamo capaci di vivere la nostra esistenza terrena con i soli occhi dell'Anima e non anche con quelli della mente.

Per meglio delineare ed esaltare questo concetto, basta rapportarsi a semplici e comuni raffronti. Non vi pare davvero strano quanto sia facile, ad esempio, raccontare una barzelletta, parlare di attualità, ridere, scherzare, scrivere una email che, in attimi di secondo, si propaga per il mondo come un fuoco vorace e, per contro a tutto ciò, quanti problemi veniamo invece a porci allorquando si presenti l'occasione di parlare di Dio?

Certo, perché in quest'ultimo caso, cominciamo ad interrogarci su quello che gli altri potrebbero pensare, ma ancor più su quello che potrebbero pensare di noi.

Non è forse strano come la vuotezza, la superficialità, la sterilità dialettica, viaggino liberamente nella società, sui mass-media, su Internet, mentre il parlare pubblicamente di Gesù sia, ad esempio, evitato nelle scuole o negli ambienti di lavoro?

L'aspetto poi ancora più strano è come tanti di noi possano essere devoti a Cristo la Domenica, ed al tempo stesso essere Cristiani invisibili per il resto della settimana.

Pare quindi che l'essere testimoni del proprio Credo sia quasi motivo di vergogna, così come il sapere essere adulti nella maturità, ma capaci di rimanere Bambini nel Cuore, posto che solo così è davvero possibile assaporare e vivere la primitiva e profonda purezza delle emozioni.

Su queste tematiche, le risposte possono certo essere molteplici, ma una considerazione di fondo appare innegabile, ovvero quanto sia facile, se anche solo apparentemente conveniente, vivere l'esistenza attraverso la mente e non anche attraverso l'Anima, lo Spirito, il Cuore.

E' infatti superfluo sottolineare che la mente umana, per quanto perfetta e capace dei prodigi già sopra indicati, sia però parimenti una perfetta calcolatrice, atteso che, ad ogni suo pensiero d'azione, deve necessariamente corrispondere un risultato, un utile, un tornaconto. E' quindi quanto mai sterile e riduttivo poter pensare e concepire la vita ad una simile dimensione, atteso che essa verrebbe a ricondursi ad un "non vivere".

Per l'Anima, lo Spirito, il Cuore, questo parametro è esattamente opposto, proprio perché ogni riflessione, ogni azione, ogni gesto, esprime la sua massima lucentezza e nobiltà nel concetto dell'assoluta "gratuità", del donare e del donarsi, e quindi della gioia che deriva a coloro pongono in essere questo concetto, e quindi non vivendolo in funzione di coloro che lo ricevono.

Credo, quindi, di poter asserire che l'Amore vero, puro, primitivo e primordiale, sia la perfetta simbiosi e la sinergica armonia tra Anima, Spirito e Cuore, senza alcun intervento della mente.

In questo contesto, si inserisce altresì, a pieno titolo, la capacità di Amare attraverso il Perdono, e quest'ultimo è un qualcosa che può appalesarsi sull'orizzonte della nostra vita, solamente dopo un laborioso, profondo ed incondizionato cammino interiore.

Tante, troppe persone, hanno sempre associato, ed associano, oggi più che mai, il Perdono ad una dichiarazione di sconfitta, e purtroppo questa associazione di pensiero è la maggiore prova della povertà e della miseria umana, ovvero degli infiniti limiti della persona.

Vi è una sola emozione al mondo capace di superare l'Amore per la Famiglia, l'Amore per l'Amicizia, l'Amore per la persona amata, l'Amore per il prossimo, e questa magia interiore risiede proprio nel valore assoluto dell'Amore vissuto attraverso il Perdono.

Su questo sublime punto, così come su tutto l'Amore sentimentale in generale, è impossibile soffermarsi ad esemplificare, atteso che l'Amore non si può spiegare, ma si può soltanto vivere.

Dico questo proprio perché, tanto per esemplificare, laddove qualcuno vi chiedesse di dimostrare che vostra madre vi ama, sapreste mai trovare una valida e validante risposta, tale da descrivere e rendere la dimensione vera di quel sentimento? Credo di no, proprio perchè l'emozione non ha voce e l'Amore sa manifestarsi, in primo luogo, attraverso il silenzio.

Da questi contesti anzi citati, trova però ampio spazio di analisi e di riflessione, proprio il valore della Fede, del Credere, dell'essere Ambasciatori di Pace, perché l'Amore non è altro che la gratuita donazione di se stessi.

Ho letto e sentito tante disquisizioni sul concetto di Amore, e quindi di Fede, che certo ho ascoltato con piacere, ma non ho mai smesso di pensare e credere che la Fede sia qualcosa di molto più semplice di quanto la si voglia rappresentare.

La Fede è unicamente Amare, atteso che la sua straordinarietà deriva proprio del desiderio profondo di donare, poiché in quel donare siamo noi i primi a ricevere. L'Amore è l'antagonista per eccellenza dell'egoismo.

E' sì vero che il dolore, la sofferenza, l'ingiustizia, l'egoismo stesso, siano vasti come il mondo. Noi non li possiamo certo eliminare, ma li possiamo alleviare, attraverso la nostra vita quotidiana.

Non dobbiamo mai dimenticare che ognuno di noi, anche con un solo sorriso, una carezza, un gesto d'affetto, può cambiare la giornata di una persona, ed a volte anche la sua stessa vita.

E' però quanto mai vero che, se vogliamo davvero combattere il dolore, la sofferenza, l'ingiustizia, l'egoismo, dobbiamo iniziare a combattere la peggiore delle malattie, ovvero l'indifferenza.

Credo profondamente che, se sapremo essere "guerrieri di Pace", se sapremo davvero combattere il male con la forza dell'Amore, ma ancor più, se sapremo usare la più potente della armi che Dio ci offre, ovvero quella del Perdono, allora sì che potremo pensare e credere, senza timore di peccare di utopia, in un mondo migliore.

 

Grazie per il tempo speso a leggermi.

 

Manuele

 

 

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